Se pensiamo al numero delle persone, sopra tutto Ebree uccise nei territori dell'Est a partire dall'invasione dell'Unione Sovietica e confrontiamo questi dati con il numero degli effettivi di ogni reparto di Einsatzgruppen, corpo scelto per tali uccisioni, ci si rende conto che qualcosa non torna. La Stima dei morti nel solo 1941 (dall 22 giugno al 31 dicembre) si aggira intorno ai 600.000. Si ipotizza che il numero definitivo, alla fine della campagna di Russia, si assesti sul 1.400.000 di civili uccisi. Qualcuno, come Patrick Desbois, nel suo libro <<Fucilateli tutti!>> edito da Marsilio, ipotizza addirittura 1.500.000 nella sola Ucraina. Se consideriamo che le unità mobili di massacro, come lo storico Raul Hiberg definisce le Einsatzgruppen, avevano un organico complessivo di 2.990 uomini (post: Einsatzgruppen-la Struttura) si capirà facilmente che non hanno fatto tutto da soli.
Un tragico esempio potrà dare un quadro più esaustivo di chi ha effettivamente collaborato ai massacri in Unione Sovietica a partire dal 1941.
I fatti si sono svolti ai primi di agosto nella cittadina Ucraina di Bjelaja Zerkov (odierna Bjatacerkiev) a sud di Kiev. Questa cittadina è importante per due cose. La prima, come sopra accennavo, è che si avrà modo di comprendere chiaramente il ruolo di altri soggetti, oltre alle Einsatzgruppen, responsabili dei massacri. In questo caso in particolare della Wehrmacht (l'Esercito Tedesco), delle Waffen S.S. ed infine i collaborazionisti Ucraini che, come ci sarà modo di leggere sui prossimi post, sono stati un elemento importante nella distruzione insieme a lettoni, lituani e polacchi.
La seconda è che si risparmiò inizialmente la vita di 90 bambini. La loro sorte rimase per qualche giorno senza una soluzione definitiva ed oggetto di controversia tra gerarchie militari. Quella che di seguito racconterò è la loro storia:
La cittadina di Bjelaja Zerkov venne occupata dalla 295a Divisione di fanteria del Gruppo Armate Sud. Il comandante di zona della Wehrmacht, Riedl, ordinò immediatamente la registrazione di tutti gli abitanti ebrei della cittadina, disponendo al Sonderkommando 4a delle S.S., una sottounità dell'Einsatzgruppen C, di ucciderli. Tra l'8 ed il 9 di agosto, un distaccamento del Sonderkommando 4a guidato dall'Oberturmfhürer August Häfner, più una compagnia di Waffen S.S. a loro aggregati, fucilò tutti gli ebrei, 800-900 persone, tranne un gruppo di bambini di età inferiore ai 5 anni.
I bambini vennero "sistemati" in in edificio alla periferia della città. Il 19 agosto molti di essi vennero portati via da alcuni camion e fucilati nello stesso giorno in un poligono di tiro nelle vicinanze. 90 rimasero nell'edificio sorvegliati da alcuni gendarmi ucraini.
Senza né cibo ed acqua i lamenti e le grida dei bambini divennero ben presto insopportabili, al punto che alcuni soldati tedeschi dovettero chiamare due cappellani militari affinché prendessero dei provvedimenti. La scena che si presentò ai due raggelava il sangue, così fu descritta dal cappellano militare dott. Reuß che si recò sul posto appena i colleghi gli riferirono l'accaduto: COMUNICAZIONE del cappellano dott. Reuß al tenente colonnello H. Groscurt - "Comunico alla 295a divisione di fanteria:
Nel pomeriggio di oggi, verso le 14.30 i cappellani militari Tewes e Wilczek, del reparto ospedaliero 4/607, sono venuti da me e dal mio collega evangelico per informarci di quanto segue:
alcuni soldati tedeschi li avevano avvertiti che in una casa erano rinchiusi in condizioni insostenibili dei bambini ebrei di età tra i pochi mesi e i 5-6 anni, i cui genitori erano stati evidentemente fucilati; li sorvegliava la milizia ucraina. Il loro pianto continuo era avvertibile dalle case vicine. i cappellani erano andati là, avevano constatato il fatto, ma non avevano visto nessun appartenente all'esercito o ad altra organizzazione che avesse la responsabilità di mantenere l'ordine o eseguisse la sorveglianza. C'era solo un buon numero di soldati tedeschi che stavano a guardare ed esprimevano la loro indignazione per quel fatto. i cappellani ci pregarono di far presente alla nostra sede la circostanza. Per poter stendere un'esatta relazione - i fatti esposti facevano sospettare che si trattasse di una iniziativa autonoma della milizia ucraina - mi sono recato personalmente a questa casa con i due cappellani e il mio collega evangelico Kornmann, trovando la seguente situazione: nel cortile antistante la casa, da cui si udivano chiaramente i pianti ed i vagiti dei bambini, si trovavano una sentinella ucraina, un certo numero di soldati tedeschi e alcune ragazze ucraine. Entrati subito nella casa senza venir ostacolati abbiamo trovato circa 90 bambini (li ho contati) dell'età di pochi mesi e i 5,6,7 anni. non c'era sorveglianza alcuna da parte della Wehrmacht o di altre organizzazioni tedesche.
un gran numero di soldati tedeschi, fra cui un sottuficiale di sanità. hanno potuto vedere, al momento del nostro arrivo, le condizioni dei bambini. inoltre proprio allora arrivo un poliziotto del comando di piazza o della polizia militare, che dichiarò di essere venuto ad indagare su un caso di saccheggio che pareva essere stato compiuto dalla sentinella della milizia ucraina.
Le due stanze in cui si trovavano i bambini - accanto ce n'era una terza vuota - erano nella massima sporcizia. i bambini erano sdraiati o seduti sul pavimento coperto dei loro escrementi. Sulle gambe e sulla parte inferiore del corpo seminudo dei bambini erano poste grosse mosche. Alcuni più grandicelli (2,3,4 anni) grattavano l'intonaco della parete per mangiarlo. Due uomini, all'apparenza ebrei, cercavano di pulire le stanze. L'aria era disgustosamente ammorbata, i bambini specialmente quelli di pochi mesi, piangevano e vagivano in continuazione. i soldati presenti erano come noi molto scossi da questo incredibile spettacolo ed esprimevano la loro indignazione. In un'altra stanza, accessibile attraverso una finestra da una di quelle dei bambini, c'era un certo numero di donne e di bambini più grandi, evidentemente ebrei, io non sono entrato in questa stanza. in un'altra stanza ancora erano rinchiuse alcune donne, fra cui una con un bimbo in braccio; a sentire la sentinella, una ragazzo ucraino di 16, 17 anni, armato di bastone, non si era ancora potuto stabilire se queste fossero ebree. Quando siamo ritornati nel cortile, stava svolgendosi una discussione tra il succitato poliziotto e la sentinella ucraina; questi era sospettato del saccheggio e aveva ance distrutto parecchi documenti che gli uffici militari tedeschi avevano distribuito ad altri ucraini (a delle donne); i brandelli erano ancora lì attorno per terra. il poliziotto disarmò la sentinella , la fece condurre via e se ne andò pure lui. Alcuni soldati tedeschi presenti nel cortile mi hanno raccontato che, alloggiando in una casa nei pressi, avevano udito fin dalla notte prima il pianto ininterrotto dei bambini che si trovavano là da allora. Il giorno prima , verso sera, erano partiti da lì per tre volte camion carchi di bambini, alla presenza costante di un funzionario del SD. L'autista del camion gli aveva raccontato che si trattava di figli di ebree e di ebrei già uccisi e che si portavano anche loro a fucilare: li avrebbe fucilati la milizia ucraina. i soldati espresero la massima indignazione per le condizioni di questi bambini; uno accennò al fatto che anche lui aveva a casa dei bambini. Poichè non c'era sorveglianza di nessun genere da parte tedescs, ho esortato i soldati a badare a che nessuno, specialmente nessun abitante del luogo, entrasse in quella casa, perché non si parlasse ancor di più di quella situazione. Nel frattempo, un maggiore medico della Wehrmacht, che non conoscevo, aveva visitato le stanze dei bambini, dichiarandomi poi l'assoluta, urgente necessità di procurare dell'acqua; affermava che le condizioni erano tali da far prevedere il pericolo di un'epidemia".
Groscurt, si recò sul posto dove era già giunto Oberscharführer Jäger, lo stesso comandante delle unità Waffen S.S. che aveva precedentemente fucilato tutti gli ebrei della città, informandolo che i bambini rimasti, dovevano essere eliminati. Riedl, il comandante di campo, confermò le parole di Jäger, aggiungendo che la questione era di competenza dell' SD e che l'Einsatzkommando aveva ricevuto tali ordini dalle più alte autorità.
Nel pomeriggio di oggi, verso le 14.30 i cappellani militari Tewes e Wilczek, del reparto ospedaliero 4/607, sono venuti da me e dal mio collega evangelico per informarci di quanto segue:
alcuni soldati tedeschi li avevano avvertiti che in una casa erano rinchiusi in condizioni insostenibili dei bambini ebrei di età tra i pochi mesi e i 5-6 anni, i cui genitori erano stati evidentemente fucilati; li sorvegliava la milizia ucraina. Il loro pianto continuo era avvertibile dalle case vicine. i cappellani erano andati là, avevano constatato il fatto, ma non avevano visto nessun appartenente all'esercito o ad altra organizzazione che avesse la responsabilità di mantenere l'ordine o eseguisse la sorveglianza. C'era solo un buon numero di soldati tedeschi che stavano a guardare ed esprimevano la loro indignazione per quel fatto. i cappellani ci pregarono di far presente alla nostra sede la circostanza. Per poter stendere un'esatta relazione - i fatti esposti facevano sospettare che si trattasse di una iniziativa autonoma della milizia ucraina - mi sono recato personalmente a questa casa con i due cappellani e il mio collega evangelico Kornmann, trovando la seguente situazione: nel cortile antistante la casa, da cui si udivano chiaramente i pianti ed i vagiti dei bambini, si trovavano una sentinella ucraina, un certo numero di soldati tedeschi e alcune ragazze ucraine. Entrati subito nella casa senza venir ostacolati abbiamo trovato circa 90 bambini (li ho contati) dell'età di pochi mesi e i 5,6,7 anni. non c'era sorveglianza alcuna da parte della Wehrmacht o di altre organizzazioni tedesche.
un gran numero di soldati tedeschi, fra cui un sottuficiale di sanità. hanno potuto vedere, al momento del nostro arrivo, le condizioni dei bambini. inoltre proprio allora arrivo un poliziotto del comando di piazza o della polizia militare, che dichiarò di essere venuto ad indagare su un caso di saccheggio che pareva essere stato compiuto dalla sentinella della milizia ucraina.
Le due stanze in cui si trovavano i bambini - accanto ce n'era una terza vuota - erano nella massima sporcizia. i bambini erano sdraiati o seduti sul pavimento coperto dei loro escrementi. Sulle gambe e sulla parte inferiore del corpo seminudo dei bambini erano poste grosse mosche. Alcuni più grandicelli (2,3,4 anni) grattavano l'intonaco della parete per mangiarlo. Due uomini, all'apparenza ebrei, cercavano di pulire le stanze. L'aria era disgustosamente ammorbata, i bambini specialmente quelli di pochi mesi, piangevano e vagivano in continuazione. i soldati presenti erano come noi molto scossi da questo incredibile spettacolo ed esprimevano la loro indignazione. In un'altra stanza, accessibile attraverso una finestra da una di quelle dei bambini, c'era un certo numero di donne e di bambini più grandi, evidentemente ebrei, io non sono entrato in questa stanza. in un'altra stanza ancora erano rinchiuse alcune donne, fra cui una con un bimbo in braccio; a sentire la sentinella, una ragazzo ucraino di 16, 17 anni, armato di bastone, non si era ancora potuto stabilire se queste fossero ebree. Quando siamo ritornati nel cortile, stava svolgendosi una discussione tra il succitato poliziotto e la sentinella ucraina; questi era sospettato del saccheggio e aveva ance distrutto parecchi documenti che gli uffici militari tedeschi avevano distribuito ad altri ucraini (a delle donne); i brandelli erano ancora lì attorno per terra. il poliziotto disarmò la sentinella , la fece condurre via e se ne andò pure lui. Alcuni soldati tedeschi presenti nel cortile mi hanno raccontato che, alloggiando in una casa nei pressi, avevano udito fin dalla notte prima il pianto ininterrotto dei bambini che si trovavano là da allora. Il giorno prima , verso sera, erano partiti da lì per tre volte camion carchi di bambini, alla presenza costante di un funzionario del SD. L'autista del camion gli aveva raccontato che si trattava di figli di ebree e di ebrei già uccisi e che si portavano anche loro a fucilare: li avrebbe fucilati la milizia ucraina. i soldati espresero la massima indignazione per le condizioni di questi bambini; uno accennò al fatto che anche lui aveva a casa dei bambini. Poichè non c'era sorveglianza di nessun genere da parte tedescs, ho esortato i soldati a badare a che nessuno, specialmente nessun abitante del luogo, entrasse in quella casa, perché non si parlasse ancor di più di quella situazione. Nel frattempo, un maggiore medico della Wehrmacht, che non conoscevo, aveva visitato le stanze dei bambini, dichiarandomi poi l'assoluta, urgente necessità di procurare dell'acqua; affermava che le condizioni erano tali da far prevedere il pericolo di un'epidemia".
Groscurt, si recò sul posto dove era già giunto Oberscharführer Jäger, lo stesso comandante delle unità Waffen S.S. che aveva precedentemente fucilato tutti gli ebrei della città, informandolo che i bambini rimasti, dovevano essere eliminati. Riedl, il comandante di campo, confermò le parole di Jäger, aggiungendo che la questione era di competenza dell' SD e che l'Einsatzkommando aveva ricevuto tali ordini dalle più alte autorità.
Helmuth Groscurt a quel punto decise di rimandare le uccisioni di un giorno, nonostante i reclami di Häfner che minacciò un'azione ufficiale nei suoi confronti. Groscurt, ordinò l'accerchiamento dei camion dove i bambini erano già stati caricati per l'esecuzione, impedendone di fatto la partenza. I fatti furono esplicitati alla VI Armata,(l'Einsatzkommando operava nella sua area di competenza) il comandante della stessa, il feldmaresciallo Reichenau, decise che <<l'operazione doveva essere portata a termine in modo adeguato>>.
A questo punto, e siamo al 21 giugno, Groscurt fu convocato al quartier generale alla presenza del colonnello Riedl, il capo dell'Einsatzkommando, l'architetto e ora S.S.- Standartenfüher Paul Blobel (stesso personaggio del massacro di Babji Jar, dove furono trucidati tra il 29 ed il 30 settembre a Kiev 33.000 persone, di cui i fatti si possono leggere su questo stesso blog), il capitano Luley (controspionaggio) e l'Oberturmfhürer August Häfner. Riedl, secondo quanto rapportato da Groscurth, portò l'argomento sul piano ideologico, affermando che <<l'eliminazione delle donne e dei bambini ebrei, era una questione di urgente necessità, qualsiasi forma essa assumesse>>, e si lamentò che "l'operazione" fosse stata rinviata di 24 ore. Groscurth, riferì successivamente, che a quel punto prese la parola lo Standartenfüher Paul Blobel, il quale aggiunse che sarebbe stata cosa giusta che le truppe che stavano ficcando il naso in giro, effettuassero esse stesse le esecuzioni e che i comandanti che stavano bloccando i provvedimenti, assumessero il comando delle fucilazioni. Groscurth, contestò tali opinioni, senza però prendere posizioni, preferiva, come lui stesso ebbe modo di dire, non alimentare rancori. Alla fine menzionò ancora le parole di Riedl, il quale affermò, che il feldmaresciallo Reichenau, riconosceva la necessità di eliminare i bambini e che voleva essere informato ad operazione ultimata.
Il 22 Agosto i bambini vennero uccisi. August Häfner così descrisse le fasi finali della vicenda, al suo processo: <<Andai nel bosco da solo. La Wermacht aveva già scavato una fossa. I bambini furono fatti scendere dal trattore. Vennero allineati lungo il bordo della fossa e uccisi con armi da fuoco, in modo che vi cadessero dentro. Gli ucraini non mirarono a nessuna parte del corpo in particolare. I lamenti erano indescrivibili. Ricordo in special modo una bimba bionda che mi prese per mano. Anche lei fu fucilata, in seguito>>. Il giorno successivo il capitano Luley fece rapporto al quartier generale della VI Armata e venne raccomandato per una promozione.
Le uccisioni, tutte, avvenivano alla luce del giorno. gli abitanti dei villaggi, dei paesi, delle grandi città occupate, sapevano, le più alte autorità della Wermacht sapevano, collaboravano e davano pareri favorevoli alle uccisioni. I reparti delle Waffen S.S. non solo sapevano, ma partecipavano come aggregati ai reparti delle Einsatzgruppen. Il controspionaggio sapeva e rapportava gli avvenimenti, perfino i cappellani da campo sapevano, senza contare che tantissimi soldati semplici ed ufficiali della Wermacht vedevano, fotografavano e riprendevano anche se severamente vietato. Ma sopra tutto scrivevano a casa, e spessissimo raccontavano ai propri familiari di particolari chiari sulle uccisioni di massa nei territori dove erano stanziati.
Un ufficiale cadetto assegnato a qualche reparto dell'esercito di stanza a Belaja Zerkov così descrive ciò che vide:
"Da metà luglio alla metà o fine agosto sono stato a Bjelaja-Zerkov con la mia unità. So con certezza che aravamo là il 15 agosto. Mi ricordo infatti che fra camerati dicevamo che il sole non abbronzava più tanto e che un po' per volta sarebbe arrivato l'autunno. Eravamo così abbronzati che constatammo improvvisamente come il sole non modificasse più il nostro colorito. Stavamo il un complesso che ospitava un istituto di di biologia dell'ereditarietà. Siccome l'argomento mi interessava, ho parlato col professore dell'istituto delle variazioni dei fattori ereditari. Ora mi viene in mente che il medico militare di allora era di Bad Mergentheim. Con lui ho visitato l'istituto per cercare dei pezzi di ricambio per i raggi X. Quando non avevamo niente da fare, di sera andavamo a passeggio. So che una sera passammo davanti alla parte posteriore del cortile di una caserma. Vidi una sentinella accanto ad una casetta, mi pare avesse la baionetta inastata, era una S.S. Non era anziano, poteva avere 26 anni. Stava in piedi all'angolo della casa e vicino a lui sedevano tre ragazze; una di loro stava facendo i suoi bisogni, questo mi colpì molto e mi sembrò comicissimo che quest'uomo facesse la guardia con tanto di fucile e baionetta inastata a una ragazza che faceva i suoi bisogni. Le ragazze ridacchiavano della situazione. La sentinella mi si rivolse dicendo: <<non può entrare qui, c'è un'esecuzione>>. Allora mi misi a ridere indicandole ragazze: <<Di queste ragazze?>>. Credevo che mi avrebbe risposto che le ragazze non c'entravano, invece disse soltanto:<<Può stare a vedere>>. Ed io:<<Grazie tante>>. E fesi dietrofront. Ma poi continuai a pensare a questa esecuzione e tornai indietro per vedere cosa stava succedendo. L'accesso al luogo dell'esecuzione era sbarrato da un muro e da un alto cancello di ferro, chiuso. Non potendo entrare mi fermai con altri soldati e civili davanti al cancello di ferro, attraverso le cui sbarre potevo vedere il luogo dell'esecuzione, distante circa 80 metri. Vidi che circa 9 donne o ragazze stavano in ginocchio davanti ad una fossa con la faccia rivolta a questa. Altre 9 ragazze attendevano davanti alla casetta presso la quale quella ragazza aveva fatto i suoi bisogni , sorvegliata dalla sentinella delle SS. A colpirmi particolarmente furono la tranquillità e la disciplina di quella gente. Dietro alle ragazze stavano per ognuno due tiratori, sempre delle SS. Al comando di un superiore spararono alla testa delle donne che, colpite, cadevano in avanti nella fossa. Alcune si ribaltavano, di altre si vedeva volare in alto la calotta cranica. Alcuni tiratori erano sporchi di sangue perché sparavano da circa cinque metri. Era uno spettacolo orribile. Mi ricordo che un capo delle SS sparava dentro la fossa con la pistola mitragliatrice camminando lungo l'orlo, prima dal lato lungo, poi quello corto. In un primo momento era stato fermo sul lato corto, quello di destra, da cui aveva dato l'ordine di sparare. Sulle mostrine aveva le stellette e una banda, se ricordo bene. Era un uomo alto intorno ai 30 anni. Una volta terminata l'esecuzione fu aperto il cancello di ferro e io potei avvicinarmi alla fossa, davanti alla quale c'erano dei tratti in cui si era radunato il sangue. Non scesi nella fossa che calcolai essere lunga 7-8 metri, larga 2,50 e originariamente profonda 4. Quando quel giorno guardai dentro restavano ancora liberi fino all'orlo circa 2 metri e mezzo. I corpi erano ricoperti di terra. Mentre ero presso la fossa, l'SS con le stellette stava ancora girandovi attorno sparando colpi di grazia. Ma alcuni si muovevano ancora dopo che lui se ne era andato. In quella prima sera vidi uccidere nel modo da me descritto circa 162 persone. Venivano fucilati 9 alla volta, mentre altre 9 dovevano attendere il loro turno. Quelli che stavano per essere fucilati si muovevano verso la fossa come in processione, in fila, e ciascuno doveva tenere le mani sulle spalle di chi lo precedeva. Andavano alla morte composti e tranquilli: ho visto piangere solo due donne in tutto il tempo in cui ho assistito alle esecuzioni. Per me era una cosa inconcepibile. Dopo quella prima sera passai di là ancora piuttosto spesso. Le esecuzioni avvenivano la sera verso le 18. Sono rimasto a Bjelaja Zereikov circa sei settimane e ho visto con i miei occhi sei esecuzioni, di altre ho sentito parlare quando dei camerati tornavano da fuori e dicevano:<<Sparano di nuovo>>. in queste sei esecuzioni a cui ho assistito possono essere state uccise in tutto circa 800-900 persone. Lo spettacolo che si presentava ai nostri occhi era sempre identico. Ci si concentrava più sulle vittime che sui fucilatori. Ho ancora negli occhi tutta la scena: era così singolare il modo in cui le vittime si ribaltavano nella fossa. non si rovesciavano in maniera sempre uguale, ma talvolta oscillavano, talvolta cadevano in successione irregolare, io stesso ho avuto tra le mani un frammento di cuoio capelluto con attaccati dei capelli brizzolati, trovato vicino alla fossa il primo giorno che ero stato lì. Prima venivano fucilate le donne; ricordo di aver visto anche due bambini, due maschietti.[...] Non era la curiosità a spingermi là a vedere, bensì l'incredulità che potesse accadere una cosa simile. Anche i miei camerati erano sconvolti suscitato da quella situazione. I soldati non avevano le idee tanto chiare su queste fucilazioni e mi ricordo che uno dei miei uomini mi raccontò che a Luzk gli era stato concesso di sparare anche lui. Se poi abbia sparato non so, io ho vietato ai miei uomini di prendere parte a queste fucilazioni. non vorrei tralasciare di dire che i soldati che si trovavano a Bjelaja Zerkov sapevano tutti quel che accadeva. Per tutto il tempo che rimasi là si potevano udire spari senza che ci fosse alcun nemico nelle vicinanze".
"Da metà luglio alla metà o fine agosto sono stato a Bjelaja-Zerkov con la mia unità. So con certezza che aravamo là il 15 agosto. Mi ricordo infatti che fra camerati dicevamo che il sole non abbronzava più tanto e che un po' per volta sarebbe arrivato l'autunno. Eravamo così abbronzati che constatammo improvvisamente come il sole non modificasse più il nostro colorito. Stavamo il un complesso che ospitava un istituto di di biologia dell'ereditarietà. Siccome l'argomento mi interessava, ho parlato col professore dell'istituto delle variazioni dei fattori ereditari. Ora mi viene in mente che il medico militare di allora era di Bad Mergentheim. Con lui ho visitato l'istituto per cercare dei pezzi di ricambio per i raggi X. Quando non avevamo niente da fare, di sera andavamo a passeggio. So che una sera passammo davanti alla parte posteriore del cortile di una caserma. Vidi una sentinella accanto ad una casetta, mi pare avesse la baionetta inastata, era una S.S. Non era anziano, poteva avere 26 anni. Stava in piedi all'angolo della casa e vicino a lui sedevano tre ragazze; una di loro stava facendo i suoi bisogni, questo mi colpì molto e mi sembrò comicissimo che quest'uomo facesse la guardia con tanto di fucile e baionetta inastata a una ragazza che faceva i suoi bisogni. Le ragazze ridacchiavano della situazione. La sentinella mi si rivolse dicendo: <<non può entrare qui, c'è un'esecuzione>>. Allora mi misi a ridere indicandole ragazze: <<Di queste ragazze?>>. Credevo che mi avrebbe risposto che le ragazze non c'entravano, invece disse soltanto:<<Può stare a vedere>>. Ed io:<<Grazie tante>>. E fesi dietrofront. Ma poi continuai a pensare a questa esecuzione e tornai indietro per vedere cosa stava succedendo. L'accesso al luogo dell'esecuzione era sbarrato da un muro e da un alto cancello di ferro, chiuso. Non potendo entrare mi fermai con altri soldati e civili davanti al cancello di ferro, attraverso le cui sbarre potevo vedere il luogo dell'esecuzione, distante circa 80 metri. Vidi che circa 9 donne o ragazze stavano in ginocchio davanti ad una fossa con la faccia rivolta a questa. Altre 9 ragazze attendevano davanti alla casetta presso la quale quella ragazza aveva fatto i suoi bisogni , sorvegliata dalla sentinella delle SS. A colpirmi particolarmente furono la tranquillità e la disciplina di quella gente. Dietro alle ragazze stavano per ognuno due tiratori, sempre delle SS. Al comando di un superiore spararono alla testa delle donne che, colpite, cadevano in avanti nella fossa. Alcune si ribaltavano, di altre si vedeva volare in alto la calotta cranica. Alcuni tiratori erano sporchi di sangue perché sparavano da circa cinque metri. Era uno spettacolo orribile. Mi ricordo che un capo delle SS sparava dentro la fossa con la pistola mitragliatrice camminando lungo l'orlo, prima dal lato lungo, poi quello corto. In un primo momento era stato fermo sul lato corto, quello di destra, da cui aveva dato l'ordine di sparare. Sulle mostrine aveva le stellette e una banda, se ricordo bene. Era un uomo alto intorno ai 30 anni. Una volta terminata l'esecuzione fu aperto il cancello di ferro e io potei avvicinarmi alla fossa, davanti alla quale c'erano dei tratti in cui si era radunato il sangue. Non scesi nella fossa che calcolai essere lunga 7-8 metri, larga 2,50 e originariamente profonda 4. Quando quel giorno guardai dentro restavano ancora liberi fino all'orlo circa 2 metri e mezzo. I corpi erano ricoperti di terra. Mentre ero presso la fossa, l'SS con le stellette stava ancora girandovi attorno sparando colpi di grazia. Ma alcuni si muovevano ancora dopo che lui se ne era andato. In quella prima sera vidi uccidere nel modo da me descritto circa 162 persone. Venivano fucilati 9 alla volta, mentre altre 9 dovevano attendere il loro turno. Quelli che stavano per essere fucilati si muovevano verso la fossa come in processione, in fila, e ciascuno doveva tenere le mani sulle spalle di chi lo precedeva. Andavano alla morte composti e tranquilli: ho visto piangere solo due donne in tutto il tempo in cui ho assistito alle esecuzioni. Per me era una cosa inconcepibile. Dopo quella prima sera passai di là ancora piuttosto spesso. Le esecuzioni avvenivano la sera verso le 18. Sono rimasto a Bjelaja Zereikov circa sei settimane e ho visto con i miei occhi sei esecuzioni, di altre ho sentito parlare quando dei camerati tornavano da fuori e dicevano:<<Sparano di nuovo>>. in queste sei esecuzioni a cui ho assistito possono essere state uccise in tutto circa 800-900 persone. Lo spettacolo che si presentava ai nostri occhi era sempre identico. Ci si concentrava più sulle vittime che sui fucilatori. Ho ancora negli occhi tutta la scena: era così singolare il modo in cui le vittime si ribaltavano nella fossa. non si rovesciavano in maniera sempre uguale, ma talvolta oscillavano, talvolta cadevano in successione irregolare, io stesso ho avuto tra le mani un frammento di cuoio capelluto con attaccati dei capelli brizzolati, trovato vicino alla fossa il primo giorno che ero stato lì. Prima venivano fucilate le donne; ricordo di aver visto anche due bambini, due maschietti.[...] Non era la curiosità a spingermi là a vedere, bensì l'incredulità che potesse accadere una cosa simile. Anche i miei camerati erano sconvolti suscitato da quella situazione. I soldati non avevano le idee tanto chiare su queste fucilazioni e mi ricordo che uno dei miei uomini mi raccontò che a Luzk gli era stato concesso di sparare anche lui. Se poi abbia sparato non so, io ho vietato ai miei uomini di prendere parte a queste fucilazioni. non vorrei tralasciare di dire che i soldati che si trovavano a Bjelaja Zerkov sapevano tutti quel che accadeva. Per tutto il tempo che rimasi là si potevano udire spari senza che ci fosse alcun nemico nelle vicinanze".